Una riflessione sui “Santi della porta accanto” 

10.10.2021 – G. MARIANI –

Inizio questa riflessione partendo dall’’Esortazione Apostolica di Papa Francesco Gaudete et Exultate pubblicata il 9 aprile 2018 che aveva l’obiettivo di «far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità̀, cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità̀».

Che vuole intendere il Papa con «chiamata alla santità̀»?

Penso che sia semplicemente il progetto di vita che ognuno di noi costruisce affidandosi alla fede, alla preghiera, alla carità da esprimere con coerenza, con gioia.  Sempre e ovunque. Il sapersi affidare alla Sua parola, alla sua bontà anche quando il peso della vita diventa importante. A volte insopportabile. Il saper manifestare la propria spiritualità, la propria testimonianza di cristiani, sempre ed in ogni luogo, al di là delle apparenze di comodo, o alle mode del momento che ci chiedono pareri, atteggiamenti e retoriche non sempre in linea con l’essere cristiani in cammino.

Sempre Papa Francesco nel 2018 all’ udienza generale continua il ciclo di catechesi dedicato ai Dieci Comandamenti ci ricorda:

«Come può un giovane desiderare di essere cristiano, se partiamo da obblighi, impegni, coerenze e non dalla liberazione? Ma, essere cristiano è un cammino di liberazione».

La vita cristiana dovrebbe essere prima di tutto la risposta grata a un Padre generoso: «I cristiani che seguono solo dei “doveri”», spiega il Pontefice, «denunciano di non avere una esperienza personale di quel Dio che è “nostro”. Io devo fare questo, questo, questo… Solo doveri. Ma ti manca qualcosa! Qual è il fondamento di questo dovere?  “Ah, si deve fare così”. No: il fondamento di questo dovere è l’amore di Dio Padre, che prima dà, poi comanda. Porre la legge prima della relazione non aiuta il cammino di fede».

Papa Francesco vuole presentare la concretezza e l’accessibilità̀ a tutti di questo progetto, tanto che fra i santi «può̀ esserci la nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine. Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore»

È in questo senso che Francesco parla dei «santi della porta accanto»: «Mi piace vedere la santità̀ nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità̀ della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità̀ “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità̀”». La santità̀ così intesa è per Papa Francesco «il volto più̀ bello della Chiesa. Ma anche fuori della Chiesa Cattolica e in ambiti molto differenti, lo Spirito suscita segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo»

Ecco allora Nella! Correva verso questa convinzione di amore per Dio, questo tendere verso un obiettivo di misericordia e testimonianza con il sorriso sempre stampato sul cuore. Senza perdersi in chiacchere inutili, senza voler giudicare nessuno, ma fermandosi con tutti per portare in giro, in ogni luogo le parole del Signore.

Vi racconto un aneddoto.

Nella, con undici figli, con tantissimi nipoti, con i suoi impegni di catechista, di volontaria alla Caritas, di ministro straordinario della Santa Comunione che portava agli ammalati e agli anziani non è che avesse tanto tempo per lei. Suo marito, anche lui un grandissimo uomo, una volta andato in pensione, la reclamava un po’ per sé stesso e le diceva:” ma con tutto quello dobbiamo fare e già fai non è il caso di rallentare …. ma non ti basta mai?” Nella questa pressione un po’ la soffriva. Sembrava che togliesse qualcosa a qualcuno. Ma non era così, perché la sua presenza in famiglia era dolce, attenta, felice e continua, ma voleva qualcosa in più. Allora con la sua dolcezza iniziò un lavoro di “avvicinamento” ad altre modalità di condivisione e partecipazione o meglio di convincimento per Arturo, suo marito. Arturo era gran padre e marito, diciamo vecchia maniera. Casa, lavoro e famiglia. Un romano doc, ironico, simpatico, sempre pronto alla battuta e allo scherzo. Nella lo voleva vicino a lei nel suo impegno in parrocchia, che diventava sempre più grande. E poi ci sono le gite nei Santuari, i ritiri a cui lei, sempre desiderosa di approfondire la sua spiritualità, voleva partecipare. Goccia dopo goccia, giorno dopo giorno Arturo fu coinvolto! Iniziò a partecipare alla Caritas, con un attivismo e una convinzione grande e con la sua simpatia innata che conquistava tutti. Diventò subito parte importante in questo ambito. Era super richiesto perché la sua leggerezza, la sua ironia lo rendevano piacevole a tutti, volontarie utenti. Ma anche i ritiri, le gite con la chiesa lo videro protagonista. Era felice! Aveva scoperto un altro mondo. Nella, non era felice…volava, e diceva: “è un grande dono, quello di avere mio marito accanto sempre, che mi ha donato il Signore”.  Arturo morì il 28 maggio, dopo poco tempo aver raggiunto la pensione e questa nuova esperienza, lasciando un vuoto incolmabile.

Ecco allora Nella che con il suo dolore profondo sa di doverlo sostituire. I figli ed i nipoti non dovevano sentire l’assenza del papà e del nonno. Quindi doveva fare molto di più. Costruisce allora l’esperienza di convivenza al Santuario di Scai (vicino ad Amatrice), un ritiro di tre giorni con tutta la numerosa famiglia e con la guida di P. Lorenzo per rinsaldare i rapporti tra tutti e per riflettere sul senso di essere veri cristiani e sul senso di una famiglia cristiana unita, felice e in cammino. “Quindi, sapersi connettere con i propri figli e sintonizzarsi con loro, dipende da quanto tempo e quanto amore vogliamo investire. Ma questo non è né intuitivo né scontato. Mamma Nella aveva ben chiaro in mente questo pensiero, e aveva intuito come un’efficace educazione affettiva e spirituale doveva necessariamente saper creare modalità relazionali, flessibili, versatili e pensate per essere compatibili con i ritmi stressanti e accelerati del presente. Il grande investimento che mamma Nella, sviluppa di fatto, crea le basi necessarie per promuovere condivisione, reciprocità e cooperazione, tra e con le famiglie, senza le quali difficilmente avremmo avuto il coraggio di continuare”

Ma Nella voleva ancora qualcosa in più.

Nel 1991 inizia la consacrazione secolare agostiniana. Il 30 agosto del 1992, nel monastero situato nella città dell’Aquila, pronuncia i voti di obbedienza, povertà e castità, venendo consacrata nella Fraternità Communio, della famiglia agostiniana. Dirà: “Per finire la mia vita in Cristo, ho voluto consacrarmi a Lui”.

Nella, avverte quest’esigenza profondissima, la sente come una speciale opportunità che le viene data per la crescita della fede, che va ravvivata e coltivata, come farebbe un buon agricoltore. Coltiva questo passaggio con premura, per non destare clamori o parole fuori posto. Ci arriva con severità spirituale, conscia dell’impegno, accompagnata dal silenzio della grande meraviglia.

Questa è Nella.

“Contagiosa” di fraternità, di amore, di fede, di umiltà. Eroica nella sua coerenza in un mondo dove le comunità sociali, politiche e ahimè anche religiose, sembrano impostate sulla apparenza, su quello che è più convenite al momento, sul disaccordo, sulla voce del più forte. Senza futuro, senza ascolto. Non rammentano le testimonianze delle persone semplici. Rimane tutto nel cassetto. Nei ricordi sempre più sbiaditi, sempre più lontani, senza comprendere che tutti noi abbiamo bisogno di loro, del loro esempio, della loro ricerca faticosa verso un cammino possibile di amore.

Nella è anche questa. Avrebbe ascoltato in silenzio e con un sorriso avrebbe risposto: la Chiesa siamo tutti noi!

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